Associazione
Italiana Fitoterapia e Fitofarmacologia - Ente Di Formazione Regionale
Storia
della Fitoterapia
La
letteratura medica a Roma.
Gli autori di opere mediche latini scrissero opere riconducibili
a un importante filone già esistente, quello cioè
del compendio, del manuale, dell’enciclopedia. Si
tratta di un filone già sviluppato in età
ellenistica e che diventò ancor più importante
dopo l’opera di Galeno. È bene tuttavia ricordare
che non esistono - in latino - opere monografichc di carattere
medico (come, per esempio, ricerche scientifiche). Le trattazioni
mediche latine vanno piuttosto cercate in opere più
vaste, come le enciclopedie. È questo il caso dei
precetti contenuti nell’opera che Catone dedicò
al figlio (Libri ad Marcum filium) e dei Disriplimirum Libri
di Varrone. Fanno parte di questa categoria di opere anche
il De Medicina di Gelso (che, come abbiamo visto, era solo
una sezione della sua enciclopedia Artes) e la Historia
Naturalis di Plinio, in parte dedicata anche alla medicina.
Bisogna anche ricordare che i medici di professione raramente
coincidono con gli autori di medicina e che quindi gli autori
di medicina erano raramente medici essi stessi. In questo
senso si può pensare che le opere di medicina fossero
rivolte anche -e forse soprattutto- a un pubblico di non
addetti ai lavori. (Nel mondo attuale, sia detto per inciso
e senza la minima intenzione di paragonare il mondo romano
con quello attuale, il filone di divulgazione scientifica
è assai sfruttato perché molto redditizio,
si pensi, per esempio, alla quantità di libri e di
pubblicazioni in genere sulla salute...). Per i motivi indicati,
la letteratura medica latina, spesso molto dipendente da
quella greca e poco originale, non ebbe grande importanza
nella storia della scienza medica. Grande rilievo ha invece
per la storia della lingua latina, soprattutto di quella
tarda. E questo perché solo questa letteratura ci
ha conservato una grande quantità di strutture volgari,
di neologismi e grecismi, che altrimenti non troveremmo
registrati in altri testi.
Note
1) Marco Porcio Catone detto il Censore (234-149 a.C.) in
ricordo della sua memorabile censura del 184 a.C. Oltre
che famoso uomo politico (di cui è nota, tra l’altro,
la battaglia contro i nuovi costumi mutuati dal mondo greco),
fu scrittore prolifico. Si ricordino qui il De agri cultura
e i Libri ad Marcum filium.
2) Marco Terenzio Vairone, vissuto tra la fine del II e
il I sec. a.C., fu uno dei più grandi eruditi dell’età
repubblicana. Cesare, tra l’altro, gli affidò
la conduzione della prima biblioteca pubblica di Roma. Tra
le sue opere ricordiamo la prima enciclopedia della letteratura
latina: Disciplinurum libri novem, di cui purtroppo restano
solo frammenti.
3) Vissuto a cavallo tra il 1 sec. a.C. e il 1 sec. d.C.,
Aulo Cornelio Celso scrisse una sorta di enciclopedia intitolata
Artes. Di tutta l’opera restano solo i libri Ode Medicina.
Il testo riveste grande importanza anche perché documenta
autori altrimenti perduti. Poco apprezzato nella tarda antichità
e nel Medioevo, Celso fu nuovamente apprezzato dagli studiosi
del Rinascimento.
4) Medico di professione e per un certo tempo alle dipendenze
di Claudio (I sec. d.C.). Di lui rimane una raccolta di
medicamenti di grande interesse. Notevole anche la prefazione
dell’opera in cui possiamo leggere, tra l’altro,
alcune linee fondamentali della medicina romana, soprattutto
sul piano deontologico.
5) Medico greco, originario di Anazarbo, è medico
militare sotto Claudio e Nerone (1 sec. d.C.). Famoso soprattutto
per il suo De materia medica, testo che ebbe un’immensa
fortuna non solo nell’antichità ma anche sino
a tutto il Rinascimento.
6) Quanto al numero altissimo di rimedi indicati da Plinio
per ogni malattia vedi al cap. IV par. 2.
7) Ippocrate di Cos (ca. 460-337 a.C.) medico greco. Gli
è attribuito il Corpus Ippocratico, una raccolta
di circa 60 scritti dei secoli V e IV a.C. Considerava la
medicina una scienza basata su un metodo razionale di diagnosi
e terapia. Assai famoso ancor oggi il “giuramento
ippocratico” dei medici, che contiene le norme della
deontologia medica.
8) Vale la pena di ricordare che “tossico” deriva
dal It. toxicum, a sua volta derivato dal greco tóxon,
arco, freccia, e designa propriamente il veleno in cui si
intingeva la punta della freccia e, per estensione, il veleno
in generale.
La
letteratura sulle erbe officinali prima di Plinio.
II celeberrimo Corpus Ippocratico (un insieme di scritti
medici databili tra il V e il III sec. a.C. e attribuiti
in toto al grande medico greco di Cos) ricorda il nome di
130 piante officinali. Dioscoride, il famoso medico che
visse all’epoca di Plinio (vedi cap. III par. 1),
nel suo De materia medica ne elenca oltre 800, di cui moltissime
asiatiche o egiziane. Questa notevole differenza numerica
è stata spiegata dagli studiosi col fatto che i Greci
vennero a conoscenza della botanica officinale soprattutto
dopo la spedizione in Oriente di Alessandro Magno e dall’Oriente
importarono nozioni e tecniche nonché molte credenze
relative alla magia. La prima raccolta greca di vegetali
terapeutici che ci sia giunta è quella di Teofrasto:
Ricerche sulle piante. In questo testo (nel nono libro in
particolare) gli studiosi vedono il riflesso delle esperienze
e delle ricerche compiute dagli scienziati che accompagnarono
Alessandro nella sua spedizione.
Visto dunque lo stretto rapporto tra piante spontanee d’Oriente
e botanica greca, è naturale che Plinio (specialmente
nel libro XXIV, quello dedicato alle erbe officinali spontanee)
si rifaccia spesso a fonti greche.
Altra fonte importante di Plinio, su questo argomento, fu
Crateva, un “raccoglitore di erbe”. Il trattato
di Crateva era considerato talmente importante che Pompeo
lo fece tradurre espressamente dal suo liberto Pompeo Leneo.
Plinio
il vecchio e la Naturalis Historia.
Gaio Plinio Cecilio Secondo, convenzionalmente indicato
come Plinio il Vecchio, per distinguerlo dal nipote omonimo
e figlio adottivo, Plinio il Giovane, nacque a Como nel
23 o 24 d.C. da famiglia di rango equestre. Percorse una
brillante carriera militare e ricoprì importanti
incarichi pubblici sotto Vespasiano e Tito. Nel 79 d.C.
era comandante della flotta stanziata a Miseno. Qui, il
24 agosto, lo colse l’eruzione del Vesuvio che distrusse
in breve Pompei ed Ercolano. Plinio morì soffocato
dai vapori venefici del vulcano, mentre esplorava la zona
per osservare il fenomeno e soccorrere gli amici. La fine
di Plinio, com’è noto, è raccontata
dal nipote Plinio il Giovane in due famose lettere a Tacito.
Fu scienziato e poligrafo. Svetonio disse di lui che “si
dedicò agli studi con tale passione che difficilmente
si potrebbe trovare qualcuno che, pur non avendo altri impegni,
abbia scritto più di lui”. Della sua vastissima
produzione ci resta solo la Naturalis Historia, un’opera
monumentale in 36 libri che spazia dalla cosmologia all’antropologia,
dalla zoologia alla botanica e mineralogia. La N.H. fu pubblicata
forse nel 77 con una dedica a Tito. La prima edizione, curata
da Plinio stesso, recava al principio di ogni libro l’elenco
delle fonti consultate e l’indice della materia. L’edizione
conservata (e giunta sino a noi) è la seconda e fu
curata dal nipote. In questa gli elenchi degli autori consultati
e delle materie furono riuniti in un libro premesso all’opera,
che divenne così il libro I. L’opera presuppone
un’immensa erudizione e si presenta come una grandissima
enciclopedia. Per la sua opera Plinio consultò più
di 2000 volumi di oltre 500 autori latini e greci e sappiamo
ancora dal nipote che lavorava a ritmi frenetici: durante
la notte, durante i pasti e i viaggi, Plinio leggeva o si
faceva leggere da uno schiavo, prendeva appunti, compilava
schede. Per i moderni la N.H. è una fonte preziosissima
e insostituibile, perché fornisce non solo informazioni
relative al sapere romano ma, grazie ai frequenti richiami
di Plinio alle proprie fonti romane e greche, ci ha conservato
migliaia di notizie altrimenti perdute irrimediabilmente.
Plinio aveva immaginato l’opera non come destinata
alla lettura continua, bensì come opera di consultazione;
in questo senso preparò lui stesso una sorta di indice
generale dell’opera. Già a partire dal III
secolo cominciarono a circolare vari compendi dell’opera,
per facilitarne la consultazione da parte di studiosi e
scienziati. Del IV sec. è, per esempio, l’anonimo
compendio Medicina Plinii, che ebbe molta fortuna nell’età
medievale. L’opera venne letta e studiata da uomini
di tutta l’Europa per secoli.
Insieme ai documenti del grande Aristotele, la N.H. fu il
grande testo del sapere scientifico per tutto il Medioevo
e oltre. L’interesse per Plinio divenne ancora maggiore
durante l’Umanesimo che vide, com’è noto,
la grande riscoperta del sapere antico. Francesco Petrarca
(1304-1374) possedeva un codice quasi completo dell’opera
(attualmente conservato a Parigi nella Biblioteca Nazionale).
Il medesimo testo reca a margine alcune annotazioni di Giovanni
Boccaccio (1313-1375). L’invenzione della stampa diede
all’opera di Plinio una straordinaria diffusione.
La prima edizione, a Venezia, risale al 1469 e prima del
1500 si poterono annoverare ben 15 edizioni. Il testo cominciò
a circolare anche tradotto, in italiano, francese, spagnolo,
tedesco. Nel secolo scorso la Nuturalis Historia fu spesso
criticata, furono evidenziati gli errori presenti nel testo
e anche lo stile pliniano non andò immune da critiche.
Oggi l’opera è considerata in diversa prospettiva
e apprezzata per il suo enorme valore documentario. Quanto
allo stile anch’esso è stato rivalutato e se
ne riscopre l’efficacia.
Attualità:
Fitoterapia, medicina complementare o integrata.
La popolarità della medicina alternativa o complementare
è aumentata durante l’ultimo decennio. Nel
1997 quasi il 42% della popolazione degli Stati Uniti ha
usato una di queste terapie. Prodotti erboristici, complessi
vitaminici, rimedi popolari o omeopatia sono usati da circa
il 25% della popolazione degli Stati Uniti. Negli Stati
Uniti, la spesa annua per i soli prodotti erboristici è
valutata in oltre 6-8 bilioni di dollari.
A fronte di tale crescita nel 1993 è stato sviluppato
l’US Office of Alternative Medicine come parte del
National Institutes of Health. Nel 1998, il nome è
stato cambiato in National Center for Complementary &
Alternative Medicine (NC-CAM) per sottolineare che molte
terapie non convenzionali sono usate in associazione a quelle
convenzionali, piuttosto che in alternativa. Tra il 1993
e il 2000 il suo budget è cresciuto da 2 a 68.7 milioni
di dollari. I fini strategici che il NC-CAM si è
posto nei prossimi cinque anni sono di investire nella ricerca,
facilitare l’integrazione ed esercitare controlli.
Le ricerche finanziate al momento includono pazienti con
patologie croniche quali artrite, asma, diabete, HIV, malattie
cardiache, neurologiche e psichiatriche. Le medicine complementari
e alternative sono considerate comunemente “integratori
alimentari”. Il Dietary Supplement Health and Education
Act del 1994 permette la loro commercializzazione a condizione
che questi prodotti non siano destinati a diagnosticare,
trattare, curare o prevenire qualsiasi malattia. La Food
and Drug Administration (FDA) non regola questi prodotti
come fa con i farmaci e può intervenire solo dopo
la commercializzazione se il prodotto si dimostra non sicuro.
Nonostante tutto ciò, molti pazienti li usano specialmente
per prevenire, trattare o curare vari disordini. Le ragioni
di tale uso sono molte fra cui l’insoddisfazione verso
un trattamento convenzionale (es. scarsa efficacia, tossicità
inaccettabile, alto costo), l’abilità a migliorare
il controllo con la terapia, e la sensazione che questi
agenti sono “naturali” e, quindi, completamente
sicuri.
Va detto chiaramente che molti prodotti erboristici possono
dare effetti avversi da soli o in combinazione con farmaci
di sintesi e ciò è preoccupante perché
l’80% dei pazienti che usa terapie complementari o
alternative usa anche farmaci convenzionali, ma più
del 70% non condivide col proprio medico curante le informazioni
sull’uso delle terapie complementari. Molti prodotti
erboristici possono non essere di alta qualità, nonostante
le loro condizioni di essere “classe farmaceutica”
o “ soggetti a “test di qualità”.
E’ stata osservata una variabilità di più
di dieci volte nella quantità di principi attivi
in alcuni prodotti; altri non contengono alcun principio
attivo.
Alcuni esempi sono indicativi di ciò:
ü un integratore alimentare indicato per “ la
depurazione interna”, che “ rimuove le impurità
dal tratto intestinale” e che “ normalizza il
pH dell’intestino per sani movimenti intestinali”
ha portato a battiti cardiaci irregolari, vampate di calore,
vomito e letargia.
ü un paziente di 23 anni ha avuto una concentrazione
serica di digossina di 3.19 ng/mL a causa di un fitoterapico
contaminato con digitalici.
ü uno studio su 260 medicinali cinesi complementari,
ha dimostrato che 83 di essi (32%) contenevano prodotti
farmaceutici non dichiarati o metalli pesanti (piombo, mercurio,
arsenico), 23 avevano svariate sofisticazioni e solo in
14 erano specificati i principi attivi.
Alla luce delle considerazioni sopra effettuate diventa
sempre più urgente:
1. che medici, farmacisti e pazienti vengano educati sull’argomento,
2. vengano effettuati controlli accurati su tutte le preparazioni
erboristiche,
3. venga sempre chiesto, durante l’anamnesi, se il
paziente fa o ha fatto uso recentemente di terapie alternative
o complementari.
Uno sforzo educazionale in tal senso è proposto dalla
rivista The Annals of Pharmacotherapy che ha pubblicato
durante il 1999 ben 13 articoli sulle terapie complementari,
allo scopo di far considerare la medicina alternativa o
complementare come una parte della farmacoterapia e di stimolare
ricerche sulla farmacoterapia alternativa.